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paolo

Come ci vedono?

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L’occhio e la visione.

La sclera è il rivestimento protettivo del bulbo oculare e costituisce il cosiddetto “bianco dell’occhio”. Nella parte anteriore centrale la sclera lascia lo spazio ad una struttura trasparente a forma di cupola: la cornea, che insieme al cristallino e al corpo vitreo costituisce il sistema diottrico dell’occhio. Al centro della sclera c’è la pupilla, un foro che consente il passaggio della luce.

[Figura 1. L’occhio]

La pupilla è nera perché mostra il “fondo” dell’occhio, costituito dalla retina, uno strato di cellule nervose sensibili alla luce: questi fotorecettori, detti bastoncelli e coni, trasmettono impulsi al nervo ottico e da qui al cervello, che li elabora come intensità luminosa, colore e forme.

[Figura 2. Fotorecettori e cellule nervose]

I bastoncelli rendono possibile la visione anche in presenza di una minima illuminazione, ma solamente in bianco e nero (o meglio, con minima percezione del colore), mentre i coni, che sono gli elementi sensibili ai colori, richiedono livelli di luminosità superiori.

L'occhio umano è sensibile alle onde elettromagnetiche di lunghezza d'onda fra 400 e 750 nanometri (nm), la cosiddetta “luce visibile”. Le diverse lunghezze d'onda vengono interpretate come colori diversi, dal blu verso il rosso, man mano che la lunghezza d'onda aumenta.

[Figura 3. Lo spettro]

Tutti i colori che percepiamo sono formati in diverse proporzioni dai tre colori primari: blu, verde e rosso; questa proprietà della visione dei colori, detta tricromia, dipende dalla presenza nella nostra retina di tre tipi distinti di coni, ognuno dei quali possiede un diverso pigmento visivo.

Un tipo di pigmento è particolarmente sensibile alle lunghezze d'onda più corte dello spettro visibile e contribuisce notevolmente alla percezione del blu; un altro pigmento è sensibile alle lunghezze d'onda medie e contribuisce alla percezione del verde; il terzo pigmento assorbe preferenzialmente le lunghezze d'onda più lunghe ed è soprattutto responsabile della percezione del rosso.

I segnali inviati lungo le fibre nervose verranno elaborati in apposite aree della corteccia cerebrale, nelle quali nasce la percezione del colore.

[Figura 4. La percezione dei colori]

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L’evoluzione.

L’espressione delle principali famiglie di pigmenti visivi si è verificata presto nell’evoluzione dei Vertebrati, probabilmente circa 350-400 milioni di anni fa, generando quattro classi di coni che si sono conservate in alcuni Pesci, nei Rettili e negli Uccelli, nei quali la visione del colore è potenzialmente tetracromatica, comprendendo anche l’ultravioletto (U.V.).

[Figura 5. Lui vede in tetracromia]

I progenitori dei Mammiferi sono apparsi all’epoca dei Dinosauri: erano insettivori o onnivori, delle dimensioni di un ratto; a differenza dei grandi rettili avevano la capacità di mantenere la temperatura corporea e questo, insieme alla pressione selettiva determinata dalla presenza dei grandi carnivori predatori, favorì l’adattamento alla vita notturna, dove la capacità di vedere i colori era di poca utilità, influendo sul successivo sviluppo del loro sistema visivo.

Questi adattamenti si dimostrarono cruciali più avanti quando, circa 200 milioni di anni fa, la collisione con un asteroide avrebbe scaraventato ceneri e polveri nell’atmosfera che avrebbero oscurato il sole e causato una diminuzione della temperatura. Per entrambe le condizioni i Mammiferi sarebbero stati i favoriti nella sopravvivenza: la temperatura ambiente più bassa poteva essere gestita dalla termoregolazione interna e la predominanza di bastoncelli nella retina li avrebbe favoriti nelle attività in condizioni di luce scarsa.

Nella retina della maggioranza dei Mammiferi (compresi i Roditori) sono quindi presenti due sole classi di coni: uno sensibile alle onde corte (luce blu/viola) e l’altro sensibile alle onde medie (luce verde/gialla) per cui la loro visione a colori è essenzialmente dicromatica e non consente di distinguere il verde e il rosso.

[Figura 6. Loro vedono in dicromia]

E’ solo con i Primati (scimmie e uomo), apparsi circa 35 milioni di anni fa, che si torna ad acquisire un terzo tipo di coni e una visione tricromatica. Una duplicazione genica, probabilmente verificatasi casualmente, venne selezionata come carattere favorevole da questi animali diventati ormai prevalentemente diurni.

[Figura 7. Tre classi di coni; figura 8. Come vedono cane e uomo; figura 9. Loro vedono in tricromia]

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I roditori e il porcellino d‘india.

Nei Mammiferi il rapporto e la distribuzione dei diversi fotorecettori della retina, coni e bastoncelli, varia considerevolmente in considerazione dell’habitat e delle abitudini.

La maggior parte dei roditori sono notturni, quindi la retina è dominata dai bastoncelli mentre i coni sono in piccola quantità e di due soli tipi: tipo S (short-wavelength), sensibili a lunghezze d’onda di 420-450 nm (blu) e tipo M (middle-to-long-wavelenght), per lunghezze d’onda intorno ai 500 nm (verde).

[Figura 10. Bastoncelli (grigio-beige) e coni (verdi) al microscopio elettronico]

Alcuni Roditori, unici tra i Mammiferi, possono vedere anche parte dell’U.V.: si tratta dei ratti, topi, gerbilli, criceti, degu e certe marmotte. In queste specie sono presenti dei particolari coni S in grado di percepire il vicino U.V. (da 300 a 400 nm).

La retina del porcellino d’india contiene due classi di coni aventi sensibilità massima a 429 nm e 529 nm; il loro punto neutro spettrale è centrato a circa 480 nm; questo leggero spostamento verso lunghezze d’onda più alte consente alle cavie di vedere meglio i colori, soprattutto rosso, giallo e blu. Si tratta verosimilmente di un adattamento alle loro abitudini maggiormente crepuscolari e diurne rispetto a tanti altri Roditori prevalentemente notturni.

[Figura 11. Occhio di cavia]

Nella parte più dorsale della retina del porcellino d’india predominano i coni M (529 nm), mentre i coni S (429 nm) sono i più rappresentati nella porzione ventrale; nella zona di transizione i due fotorecettori sono co-espressi.

La frequenza spettrale dell'ambiente (cioè il colore della luce ambientale) influenza lo sviluppo della retina della cavia, che esprime differenti cromofori per adeguarsi all'illuminazione ambientale.

Il porcellino d’india usa la vista per individuare i pericoli, da qui la particolare disposizione degli occhi così laterali (comune a tutti gli erbivori), che consente un arco visivo complessivo di circa 340°, utile per avvertire la presenza di predatori quasi da ogni direzione.

[Figura 12. La vista della cavia]

Questo tipo di visione, scarsamente binoculare, favorisce particolarmente la percezione del movimento a scapito della profondità e della valutazione di distanza e altezza: per questo motivo non si deve mai lasciare un porcellino da solo su un tavolo o altra superficie sopraelevata, perché potrebbe facilmente cadere.

[Figura 13. Visione della preda; figura 14. Visione del predatore]

La cavia nasce con gli occhi aperti, a differenza di altri roditori, ma occorrono circa tre settimane di sviluppo per raggiungere la maturità funzionale l'occhio; alla nascita è ipermetrope, ma durante tale periodo si corregge, principalmente grazie all’allungamento del corpo vitreo, un processo analogo a quanto si verifica nell’umano.

La sensibilità corneale del porcellino d’india è molto bassa se comparata con quella degli altri animali domestici, forse per questo microlesioni o piccoli traumi alla cornea sono poco avvertiti dai porcellini; bassa è anche la frequenza del battito delle palpebre, che serve a realizzare e mantenere lo spessore fisiologico del film lacrimale a protezione della superficie corneale: da 2 a 5 volte in 20 minuti in condizioni normali; praticamente la cavia non batte mai gli occhi.

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L’occhio e la vitamina C.

Nel 2010 è stato pubblicato uno studio su un’ampia casistica di 1000 porcellini d’india sottoposti a visita oftalmologica; di essi, ben 446 risultarono avere qualche anormalità oculare.

Fra le numerose alterazioni osservate erano abbastanza frequenti le lesioni della cornea causate da steli e pagliuzze.

La maggior parte delle condizioni osservate poterono essere scoperte solo ricorrendo ad esami specialistici, quindi non avrebbero potuto essere notate dai proprietari, ed erano di entità tale da non avere apparentemente un impatto significativo sulla salute e comportamento dell’animale.

Anche la cecità (per esempio in caso di anoftalmia o microftalmia) non comprometteva una normale vita, dall’alimentazione alle interazioni sociali, a testimonianza che la vista non è il senso più importante per la cavia, specie se confrontato con l’olfatto e l’udito.

Un dato peculiare evidenziato dallo studio era che le lesioni oculari si osservavano più frequentemente negli “incroci”, solitamente presenti in ambiente domestico come animali d’affezione, piuttosto che negli animali con pedigree provenienti dagli allevamenti; l’esatto contrario di quanto si osserva in cani e gatti, dove gli animali di razza presentano un maggior numero di anomalie a causa del minore riassortimento genetico.

Considerato che la maggior parte dei difetti osservati determinavano opacità del cristallino (il 17% degli animali esaminati presentava cataratta, prevalentemente negli animali più anziani), si è ipotizzato che la causa fosse da ricercare in un ridotto apporto di vitamina C, anche quando la supplementazione sembrava sufficiente.

[Figura 15. Cataratta nella cavia]

La cataratta è generata da uno stress ossidativo a carico del cristallino, stress ossidativo che gioca un ruolo importante anche nell’insorgenza e progressione della degenerazione della retina.

La vitamina C (acido ascorbico) è un potente antiossidante che, funzionando sinergicamente con la vitamina E (tocoferolo), protegge dall’effetto dei pericolosi radicali liberi generati dallo stress ossidativo, contribuendo al mantenimento della funzione visiva.

Per esercitare il suo effetto protettivo la vitamina deve essere presente nell’occhio in quantità ottimale; dato che la cavia non produce la vitamina C, parte di quella introdotta con l’alimentazione viene trasportata con un meccanismo attivo all’umore acqueo dell’occhio, dove viene resa disponibile per l’uso.

L’importanza del giusto apporto è dimostrata anche dall’osservazione che nei porcellini con scorbuto l’esposizione ad una fonte di luce intensa determina una più grave degenerazione dei fotorecettori della retina rispetto ad animali adeguatamente supplementati con la vitamina C.

Quindi non facciamo mai mancare un’adeguata quantità di vitamina C ai nostri porcellini.

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Principali riferimenti.

Per chi desidera approfondire.

1. Ahnelt PK, Kolb H. The mammalian photoreceptor mosaic-adaptive design. Progress in Retinal and Eye Research 2000; 19: 711-777.

2. Bowmaker JK. Evolution of colour vision in vertebrates. Eye 1998; 12: 541-547.

3. Cafaro TA, Ortiz SG, Maldonado C, Espósito FA, Croxatto JO, Berra A, Ale AL, Torrealday JI, Urrets-Zavalía EA, Urrets-Zavalía JA, Serra HM. The cornea of guinea pig: structural and functional studies. Veterinary Ophtalmology 2009; 12: 234-241.

4. Chávez AE, Bozinovic F, Peichl L, Palacios AG. Retinal spectral sensitivity, fur coloration, and urine reflectance in the genus Octodon (Rodentia): implications for visual ecology. Investigative Ophtalmology and Visual Science 2003; 44: 2290-2296.

5. Hu M, Hu Z, Xue L, Yang Z, Zheng Z, He D, Zhang X. Guinea pigs reared in a monochromatic environment exhibit changes in cone density and opsin expression. Experimental Eye Research 2011; 93: 804-809.

6. Lien EL, Hammond BR. Nutritional influences on visual development and function. Progress in Retinal and Eye Research 2011; 30: 188-203.

7. Parry JWL, Bowmaker JK. Visual pigment coexpression in guinea pig cones: a microspectrophotometric study. Investigative Ophtalmology and Visual Science 2002; 43: 1662-1665.

8. Trost K, Skalicky M, Nell B. Schrimer tear test, phenol red thread tear test, eye blink frequency and corneal sensitivity in the guinea pig. Veterinary Ophtalmology 2007; 10: 143-146.

9. Williams D, Sullivan A. Ocular disease in the guinea pig (Cavia porcellus): a survey of 1000 animals. Veterinary Ophtalmology 2010; 13: 54-62.

10. Yin J, Thomas F, Lang JC, Chaum E. Modulation of oxidative stress responses in the human retinal pigment epithelium following treatment with vitamin C. Journal of Cellular Physiology 2011; 226: 2025-2032.

11. Zeng G, Bowrey HE, Fanf J, Qi Y, McFadden SA. The development of eye shape and the origin of lower field myopia in the guinea pig eye. Vision Research 2013; 76: 77-88.

12. Zhou X, Qu J, Xie R, Wang R, Jiang L, Zhao H, Wen J, Lu F. Normal development of refractive state and ocular dimensions in guinea pigs. Vision Research 2006; 46: 2815-2823.

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Eccoci qua.

la scheda sulla vista della cavia è il mio dono di ferragosto per il Forum.

Mancava un documento organico su questo senso della cavia: in realtà c'erano solo commenti sporadici qua e là.

Spero di essere stato sufficientemente esauriente e mi scuserete per i richiami alla fisiologia e certe parti più tecniche.

Come sempre vi invito a portare i vostri approfondimenti e le vostre correzioni.

In estrema sintesi i punti salienti della scheda sono:

- la cavia vede in dicromia (mentre l'uomo vede in tricromia);

- le abitudini di vita più diurne rispetto a molti altri roditori hanno selezionato dei fotorecettori che , pur in dicromia, consentono una visione più ampia del colore rispetto, ad esempio, a cani e gatti;

- la vitamina C è fondamentale per lo sviluppo, la funzione e l'integrità dell'occhio della cavia.

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