Voglio farvi conoscere tutti i tesori che hanno lasciato un segno indelebile nella mia vita. Oggi voglio presentarvi Eugenio. Un sabato dell'anno scorso, appena arrivata al lavoro, vedo un piccolo esserino scuro, tutto rannicchiato, immobile, lì proprio accanto alla porta. Mi avvicino e scopro che si tratta di un rondinotto. Il mio primo pensiero è stato: "Oddio è morto". Lo prendo e con mia immensa gioia il piccolino muove la testolina. Decido di metterlo in un'aiuola lì accanto. Dopo un po' esco per andare a controllare e non lo vedo più; mi accorgo subito che si è spostato un po' più in là, sotto ad una pianta, finendo sopra ad un formicaio. Lo raccolgo subito e comincio a togliergli tutte le formiche che ha addosso. Qui mi rendo conto che il piccolino non vola. Appena mi è possibile corro immediatamente dal veterinario: il piccolo sta bene, le ali sono a posto. Però un problema ce l'ha: oltre ad essere disidratato, è troppo grande per la sua età perciò non ha la forza necessaria per riuscire a volare. A questo punto bisogna farlo bere con una siringa, prendere delle camole, nutrirlo ogni 3 ore e il mattino successivo andare in un prato e provare a farlo volare (al momento della pappa si faceva trovare già con il beccuccio aperto e quando veniva posato chiamava per essere tenuto in braccio un altro po'). Arriva domenica mattina, ultimo pasto e poi la prova del nove. Dopo 3 tentativi e 3 conseguenti planate sul prato decidiamo di portarlo alla LIPU di Padova (ho addirittura fatto fermare il mio compagno in autostrada per fare la foto tutti e 3 assieme ). Ha passato tutto il viaggio in braccio, appoggiato alla mia spalla. Quando siamo arrivati, prima di lasciarlo, Eugenio si è appoggiato sul mio sterno e ha aperto le ali; non so cosa volesse fare, però a me piace pensare che fosse stato un abbraccio. Devo comunque ammettere che al ritorno mi è sceso qualche bel lacrimone.